LIBERTADE DE CELULITE PARA TODAS
di Giovanni Bai
LIBERTADE DE CELULITE PARA TODAS, todas con il simbolo del femminile e la A di anarchia, una foto scattata a Lisbona ed esposta una ventina di anni fa alla Triennale e recentemente alla Fabbrica del Vapore, è una delle opere più significativamente emblematiche della multiforme produzione artistica di Carolina Gozzini. La scritta è il grido di libertà di tutte le donne contro la bellezza imposta dal sistema della moda e del beauty, e anche contro il patriarcato, alla faccia del ministro Valditara. Ogni tanto compare qualche modella curvy o si afferma una cantante cicciotta, subito bullizzata dal body shaming, ma è questione di vita quotidiana e non solo televisiva: il mondo non è quello delle ciccione kitsch di Botero, che tanto piacciono perché irreali.
Così le ragazze delle minoranze caraibiche che nel giorno del Bank Holiday espongono con gioia i loro corpi così lontani dai modelli imposti sono la rappresentazione vivente di quel grido di libertà, si tratti di indossare un elaborato e costoso costume sia all’interno delle Mas(querade) Bands che autonomamente, o indossare, anche col permesso di genitori patriarcali, quei pantaloncini che in altri giorni dell’anno non potrebbero certo portare, con improbabili sovrapposizioni (o sottrazioni) di tanga e calze a rete che sembrano esaltare la cellulite, assai diffusa anche tra le giovanissime.
Go-pro impugnata con disinvoltura che garantisce riprese alla Ozu favorite dal grandangolo, come già sperimentato con gli homeless di Los Angeles, e via per le strade del Carnevale di Notting Hill che, nonostante la deriva turistica, continua a mantenere la sua carica eversiva e di rivendicazione dell’orgoglio originario.
Nel film di Wim Wenders Lisbon Story il regista Friedrich Munro gira per la città e gira film con la camera montata sulle spalle. Anche nelle mie riprese c’è una certa casualità, con la mancanza della inquadratura precisa che la amplifica, supportata però da una consapevolezza della scena e la direzionalità che a volte sfocia nelle vedute prospettiche dal basso all’alto, ma in generale inquadra la parte centrale dei corpi. Riguardando queste immagini ho ripensato a quanto visto almeno vent’anni fa, di come fosse una festa di libertà, di liberazione dei propri corpi spesso imbarazzanti. Ho estratto dal mio reportage alcune immagini che possono sembrare inopportune e irridenti di questi corpi di ogni età, che sono invece un inno alla Libertà di cellulite, vera risposta al body shaming.
PS. Leggo i commenti su TripAdvisor. 1) “persone che pisciano per strada, dietro le case e in bella vista senza una cura nel mondo e senza cercare di trovare un bagno portatile” e ripenso a quando si celebrò a Milano la Festa degli Alpini, che usarono come latrina tutta la città. 2) “Tanto colore, cibo e musica.... ma tuttavia non ci sentivamo tranquilli, droga, ragazze praticamente nude e caos ovunque”. Pensare che qualcuno non si faccia una canna al carnevale caraibico… Molte ragazze erano quasi nude ma al contempo castissime, con i cerotti sui capezzoli quando necessario. 3) “A quanto pare è per sbronzarsi. Fare qualsiasi tipo di cose sessuali nelle strade”. Quanto a sbronzarsi ripenso ancora agli alpini e agli happy hours di tutto il mondo. Ho visto qualche bacio lesbico e la parodia dell’atto sessuale tipico dei balli caraibici, praticata soprattutto da gruppi di ragazzine che si schiaffeggiavano i glutei con le loro amiche… 4) “Non per claustrofobici...in alcuni tratti si viene inglobati in una massa di corpi che non si riesce a fare un passo in autonomia ma ci si muove come un unico individuo... personalmente non ho avuto mai sensazione di insicurezza anche per la presenza massiccia, e ben visibile, delle forze dell'ordine”. Confermo, preso nella folla senza possibilità alternative ho avuto solo dimostrazioni di simpatia, certo un vecchietto con capelli bianche e giacchetta elegante era un alieno da rispettare…