EN PLEIN AIR
En plein air.
Ha già
deciso il titolo del quadro: 23 marzo 2022: condizioni di luce.
La tela l’ha già preparata con
una stesura omogenea di bianco. È un invito alla luce. Una gentilezza. Cortesie
per gli ospiti. Prego, luce, accomodati sulla tela. Fai come se fossi a casa
tua. Sei a casa tua. Perché la tua casa è ovunque, quindi anche sulla mia tela.
Ma qui ti preparo un’accoglienza speciale: questo bianco che ho steso è il red
carpet (eh eh) sul quale sfilerai entrando nella mia tela, trionfante,
acclamata. Sii te stessa, luce, sii sulla tela – sulla mia tela - come sei in
cielo e in terra in questa giornata di prima primavera. Concedimiti in tutta la
tua luminosità appena velata di oggi. Perché oggi, en plein air, ti voglio
catturare, amorevolmente catturare, sulla mia tela, come un ragno la preda –
no, dai, che immagine invischiosa: libera ti voglio sulla tela. Libera di
essere come sei. È di te, che mi
interessa, della tua semprità. Orazio da un mese dipinge solo variazioni in
giallo e blu alla Rothko. A me interessa la semprità. Che poi è anche attualità,
perché se è sempre è anche adesso.
Ora, sul bianco, un abbozzo
del paesaggio, solo pochi elementi riconoscibili, come nel Turner più tendente
all’astratto. Poche pennellate rapide, destinate ad affogare nei successivi
strati di luce, non proprio affogare, rimanere appena visibili come teste di
naufraghi affioranti dal mare in tempesta. Ecco, l’ondulazione del terreno, che
si intuisca, gli alberi sullo sfondo, macchie di verde scuro, la casa fra gli
alberi lontana lontana… non sa se accennarla… appena un quadratino con qualche
macchietta, il cielo, per ora solo una quinta. Poi arriverà la luce con la sua
palpitante intensità a disintegrare le forme. Fusione della luce e del colore
nella forma. O meglio nell’in-forma. Della forma – delle forme - resterà un
ricordo. Come un ricordo d’infanzia di cui non si è ben sicuri.
Per stendere la luce, ha bisogno di colori più diluiti, che si sovrappongano al paesaggio, lo confondano, lo illuminino, lo annichiliscano – no lo fondano in un’epifania di luce. La luce - ecco, queste condizioni di luce del 23 marzo 2022, che non si ripeteranno mai più identiche e che oggi vuole catturare sulla sua tela - com’è questa luce? Non come un semplice riflesso sugli oggetti, ma come entità atmosferica completamente autonoma. La vede, la sente, ora deve trovarla, reinventarla con la mescolanza dei colori, ma in assoluta fedeltà. … Intanto non è già più quella di quando ha iniziato a dipingere. È meno – come dire – virginale. Appena appena, sfumature eh, ma qui tutto si gioca sulle sfumature. Comunque non è un problema, perché solo ora ha inizio il vero match – ma no, non è una lotta, è un duetto, un pas de deux – con la luce. Finora, ecco sì finora la luce era solo – si fa per dire! – qualità cromatica dell’erba degli alberi del cielo. Ora diventa protagonista assoluta. È luce disincarnata. E allora immergiamoci in questa luce, lasciamo che mi imbeva. Abbandono mistico: socchiude anche gli occhi per penetrarne ogni segreto. Azzurro. Una mano di blu oltremare con bianco di zinco molto diluita, leggera. Sul cielo sulle nuvole sull’erba, sugli alberi no, anzi sì, tocchetti in punta di setole. Poi sovrappone giallo di cadmio schiarito fino a renderlo irriconoscibile. Un velo appena, come un fumo quasi impercettibile: rende la perdita della virginalità.
Ora con il velo giallo sull’azzurro ha raggiunto la tonalità giusta per dare alla luce sulla tela le condizioni del 23 marzo 2022. Arretra di un passo, osserva il dipinto, allarga lo sguardo. Mhn… no, non c’è corrispondenza piena. Non c’è ancora sulla tela la luce che imbeve l’atmosfera intorno a lui. Questa particolare qualità. Eppure… C’era, ed è cambiata la luce, di un niente, ma quel niente che è tutto? … o forse era comunque sbagliata la luce sulla tela…? Non è mai stata davvero giusta…? La luce naturale gli sembra un po’ più calda e al tempo stesso un po’ più fredda. Possibile? No, o forse sì. Al diavolo Aristotele. Quindi: giallo primario mescolato a rosso, o blu oltremare con bianco di zinco in proporzioni diverse? O prima l’uno e poi l’altro, o prima l’altro poi l’uno? Arretra ancora un passo, socchiude gli occhi: nel tremolio delle ciglia la partita si risolve ai rigori a vantaggio del giallo. Anche perché col passare delle ore la luce dovrebbe farsi sempre un po’ più calda. Alla faccia della semprità. Qui sempre non dura neanche un quarto d’ora.
Ha “vaporizzato” quel niente
di giallo primario sporcato con un meno che niente di rosso. Ora sente il
bisogno di staccare un po’ dalla tela così com’è. Lontano dagli occhi lontano
dal cuore. E dalla mente. Beh, lontano per modo di dire: un giretto nel prato,
dalla parte “fuori campo” quella che non entrerà nella composizione né dunque
nella storia dell’arte (eh eh). E d’altronde non se lo merita: da quella parte
il paesaggio smette il travestimento da Île-de-France e confessa la sua
identità briantea. Oh, non che i dintorni di Cantù non meritino un eternatore
nei loro aspetti più tipicamente cisalpini. Ma non sarà lui. Non oggi almeno. È
incredibile come un’inquadratura crei un mondo strappandolo dal contesto. Come
quando girano un film: la casa di Montalbano l’ha vista dal vero in Sicilia e
non c’entra niente con quella della tivù. È il de-contesto che decide.
Lascia che i pensieri
scivolino sulla superficie dell’attesa accompagnando il suo passeggiare
indolente che asseconda i leggeri dislivelli del terreno. Si è allontanato fino
a vedere dalla distanza la tela sul cavalletto spersa nel prato. Che plein air!
Che Île-de-France! (Da qui sì). Gli verrebbe quasi da dipingere un altro quadro
con il suo quadro dentro al paesaggio… Ah, il meta-!
Perfetta! La luce sulla tela è
perfetta. Passa con lo sguardo dalla tela all’aria intorno, al cielo, di nuovo
alla tela, di nuovo alle condizioni di luce del 23 marzo 2022 tutto intorno a
lui.
Ora può ritoccare gli elementi
del paesaggio, quasi ormai invisibili per farli emergere come ricordi appena un
po’ più distinti. Concentratissimo. Riprende i colori con tocchetti rapidi dei
pennelli, che cambia in continuazione per adattarli alle dimensioni dei
particolari dipinti.
Ecco. L’effetto che cercava l’ha raggiunto. Può arretrare di nuovo di un passo per contemplare il risultato. E mentre contempla soddisf… un sospetto d’ombra raffredda impercettibilmente il dipinto, l’aria tutto intorno. Si volta di lato: una nuvola sfilacciata – i suoi lembi diafani – si frappone fra il mondo e il sole. Passerà. Passerà, ma dietro di lei muovono – lenti lenti – in direzione del sole altri straccetti vaporosi.
Azzurro allora ci vuole. Ma l’oltremare (ah, evocazione d’altrove!) adesso va mescolato con bianco di titanio per opacizzare quel poco che occorre. Inseguire le condizioni di luce di questo 23 marzo 2022. E azzurro tenue opaco sia. Sulla tela ormai c’è una mescolanza indefinita che non c’entra più niente con la luce intorno a lui. Ma è bella. Comunque bella. Rimane a guardarla con il pennello sospeso in mano. Poi, guidato da un raptus calmo, affoga nel colore quel poco che si può ancora distinguere degli elementi del paesaggio. Pochi minuti, gira la tela e scrive col carboncino, sul retro, Senza titolo.