IL FRIGORIFERO
Un uomo che ha cibo ha molti problemi.
Un uomo che non ha cibo ha un solo problema.
[Proverbio Turco]
“Il casello, finalmente, non ne potevo più. Ho le formiche alla gamba: freno, acceleratore, freno. Stupido incidente”.
“Beh, sono le tre, a quest’ora non dovrei trovare troppo traffico. Paolo vuole leggere la relazione di questa mattina entro il tardo pomeriggio. Fortuna avevano i cereali della Kellogg’s...”
Valeria aveva appena passato il casello della barriera di Milano. Il suo lavoro la obbligava a viaggiare spesso. Solitamente si muoveva in treno sfruttando il viaggio per elaborare dati e scrivere relazioni ma uno sciopero l’aveva obbligata a prendere la macchina. Ricerche di mercato: era responsabile delle interviste, raccolta dati e analisi. Le ultime interviste le svolgeva direttamente a casa delle persone alle 7 del mattino durante la colazione. Osservava le abitudini alimentari delle famiglie insieme a dei colleghi. Prima di salutare chiedeva di poter aprire il frigorifero e la dispensa per prendere nota dei vari alimenti presenti.
Quella mattina la cucina era un trionfo di alluminio e acciaio. Molto ordinata sembrava la fotografia di una rivista di design. “Verrà mai usata per cucinare?” Un vaso con dei rami secchi ornava il centro del tavolo affiancato da un cartone da 1 litro di succo di arancia e una bottiglia di plastica blu di latte, quello che dura di più. PlumCake e Brioches del Mulino Bianco. Quattro belle tazze bianche con piattino. Sopra un ripiano un’ingombrante macchina per il caffè in cialde, rigorosamente espresso.
Filomena era eccitata come se fossero state le quattro del pomeriggio. Si rendeva sempre disponibile per queste interviste, nonostante la sua vita fosse molto cambiata nel tempo. Con Valeria aveva instaurato una bella relazione e le dispiaceva interromperla. Il marito e i due figli sembravano lì per caso. Probabilmente stavano facendo colazione insieme solo per far contenta la mamma.
Nel grande frigorifero in acciaio abbondavano confezioni monodose di prosciutto cotto per toast, prosciutto crudo confezionato, lasagne pronte, gnocchi alla romana pronti da scaldare, un sacchetto di insalata già pulita, 2 vasetti di yogurt, una lattina di Red Bull. Sul fondo un vasetto di vetro di farcitoast, faceva coppia con uno di cetriolini. Nei balconcini controporta: un tubetto di maionese, un barattolo di ketchup, una scatola di dadi, burro e delle uova.
Nel cassetto della frutta e verdura: due zucchine, tre banane, quattro mele e quattro arance un po’ ammuffite. Ma l’attenzione di Valeria fu catturata dalla grande quantità dell’inconfondibile marchio con la “K” nera e il resto del nome arancione: delice, pinguì e bueno. Nel portabottiglie: Cocacola, acqua, e vino. Nel congelatore: pane surgelato, sofficini, bastoncini, e sette confezioni differenti di ”quattro salti in padella”. Nella dispensa finalmente Valeria aveva trovato dei cereali della Kellogg’s. Probabilmente un acquisto casuale e dimenticato dato che la scatola era rimasta chiusa nel pensile e non era stata messa in tavola per la colazione del mattino.
Mentre rientrava in ufficio rifletteva sulla sua conoscente. Ormai erano trascorsi tantissimi anni dalla prima intervista. Valeria aveva fatto carriera e Filomena era stata una delle prime ragazze che era entrata nel circuito delle “persone disponibili”.
All’epoca non “esisteva” neppure quello che sarebbe diventato suo marito. Era ancora una bella donna, il tempo non si era particolarmente accanito su di lei nonostante le aspettative deluse del matrimonio, ormai privato anche da grandi conflitti. Valeria conosceva da troppo tempo Filomena e sapeva che nella sua famiglia sopravvivevano con un tacito accordo.
Nell’ufficio della sede distaccata aveva già stilato parte della relazione delle ultime interviste con i vari grafici insieme ai colleghi. Mancava la conclusione e discuterla con Paolo.
La stessa sera doveva vedere Ambra. Un’amica del liceo, una delle poche rimaste dopo tanti anni.
“Ciao, per che ora ci vediamo? Per il cinema direi che non riesco, sono veramente molto stanca, ho guidato parecchio e ho la schiena a pezzi. Mi piacerebbe fare una cosa tranquilla a casa se per te va bene”. “Va benissimo, tanto sono sola, i ragazzi sono dal papà. “Non ho messo i piatti perché tanto le pizze sono grandi e non ci sarebbero state. Tanto vale mangiarle direttamente nel cartone così rimangono calde”.
Questa era una di quelle cose che Valeria non faceva neppure quando rientrava stravolta dal lavoro e non aveva voglia di cucinare. Mangiarla nel cartone l’avrebbe fatta sentire ancora più sola. “Stasera i ragazzi dormono da Luca e domani siamo a cena da mia cugina per il compleanno di mio nipote. Farò la spesa sabato. Ho preso giusto il latte per la colazione”. Ogni volta c’era una motivazione e intanto il suo frigorifero era lì sempre vuoto. Neppure una bottiglia d’acqua. Aprendo il rubinetto la faceva scorrere un po’: “Non la tengo in frigorifero perché non mi piace troppo fredda”.
Valeria tutte le volte, guardando la sua amica appoggiata al lavandino, non riusciva a non pensare a Woody Allen in Manhattan mentre dice “Pago settecento dollari al mese e ho i topi con i bongo e l’acqua marrone”. Per una scelta ecologica anche lei beveva l’acqua del rubinetto ma rallegrava il frigorifero con bottiglie di vetro colorate. La sua amica non aveva l’acqua marrone e neppure pagava un affitto, era proprietaria di un signorile appartamento da 120 metri quadrati. Nel soggiorno c’era un antico pianoforte verticale, una vecchia credenza abbinata ad un tavolo tarlato e una bellissima libreria di legno massello.
I libri erano disposti in modo ordinato, intervallati da portaritratti e una sorta di collezione di candele. Alcuni libri di fotografie di montagna erano collocati frontalmente per mostrare la copertina del volume e non la costa.
Nei bagni tutti gli accessori, gli appendini, il porta salviette, il porta rotolo erano in acciaio con le ventose. “Mi piacciono così, li trovo moderni e non voglio bucare le piastrelle” aveva risposto alla battuta di Valeria: “… dopo 15 anni non non hai ancora messo gli accessori definitivi nel bagno?”
Si conoscevano da quando il pianoforte era ancora nella casa dei genitori e le loro preoccupazioni si limitavano al greco e ai fidanzati. Sposandosi avevano continuato a frequentarsi condividendo spettacoli teatrali, cinema e mostre. Nei loro incontri ogni tanto si univa un vecchio amico, ma la confidenza data dagli anni del liceo era tale da non modificare le abitudini di Ambra. “Hai ancora fame?” chiese Ambra aprendo il frigorifero. La fredda luce interna mostrò tutta la solitudine di un avanzo di formaggio e mezzo limone tagliato sul ripiano in vetro.
La desolazione di un barattolo con delle cipolline affogate nell’aceto, una bottiglia di latte, due mele marce e una bottiglia con due dita di vino rosso completavano l’offerta.
“Vuoi assaggiare un buonissimo formaggio al barolo che mi ha portato mio cugino da Cuneo? Ne è rimasto un pezzetto. Non ho il pane ma dovrei avere qualche tarallo”. Disse Ambra buttando le mele nella spazzatura. Quando si vedevano intorno al 27 dicembre si poteva approfittare degli avanzi dei pranzi di Natale dai genitori. Ma era marzo….
Come ogni mattina, dopo essersi lavata il viso, mise il bollitore sul fuoco e preparò la moka per il caffè. Raccolse il giornale lasciato sullo zerbino e lo lanciò sul tavolo. Aprì il frigorifero per prendere uno yogurt e le venne da sorridere.
Portandosi il cucchiaino alle labbra, osservò la prima pagina del quotidiano. La cremosità dello yogurt le riempì la bocca.
Una barca straripava di corpi indistinti. “Naufragio Lampedusa, 240 salvati, almeno 14 morti”. “Secondo le prime informazioni sull’imbarcazione c’erano circa 400 persone…”
Il fischio assordante del bollitore irruppe nella cucina penetrandole il cervello. Nitida le apparve l’immagine che seguì il 3 ottobre dell’anno precedente. In quei giorni la priorità del sindaco dell’isola era “reperire camion frigoriferi dove custodire le bare”.
Davanti agli occhi la distesa ordinata di bare nell’hangar del piccolo aeroporto di Lampedusa. In primo piano quattro piccole bare bianche con sopra un fiore e un orsacchiotto.