ACCUMULO
La storia è una collezione di carta (C. McCarty)
Oggetti d’affezione, discarica a cielo chiuso. Conservazione, attaccamento, spirito di conquista. Collezionare o accumulare ‘a robba. In ogni caso c’è un filo rosso che guida la scelta del conservare: è l’affetto per la propria storia personale. È facile eliminare le cose degli altri, facile anche aver invidia per certe cose degli altri e quindi cercare di venirne in possesso.
Nella Vertigine della lista di Umberto Eco (Bompiani 2009), nella quarta di copertina, è citato il testo da Il Don Giovanni di Lorenzo Da Ponte: Leporello “Madamina, il catalogo è questo / Delle belle che amò il padron mio/ Un catalogo egli è che ho fatt’io…”
Con o senza falsa modestia la presunta lista o catalogo degli oggetti accumulati nello studio di Mario Tedeschi mi ha fatto venire in mente il testo di Eco. C’entra come i cavoli a merenda? No, perché lo stesso Eco parla di infiniti esempi di liste sia letterarie sia figurative e di un infinito oggettivo, “un infinito attuale, fatto di oggetti numerabili ma che noi non riusciamo a numerare – e temiamo che la loro numerazione (ed enumerazione) non si possa arrestare mai.” (Pag.15 cit.)
Infinità di liste e liste infinite. Una Lista/Catalogo specifica di una collezione.
Ho sempre sognato di catalogare per autore i libri della mia libreria. Allo stesso modo forse, sempre sognando, progetto di fare un elenco, una lista, ma con un po’ di impegno in più, anche un catalogo, di tutti gli oggetti che costituiscono lo studio di Mario Tedeschi, tolti i muri, i sanitari, le cose immobili o semi immobili come i soppalchi. Un elenco che potrebbe iniziare con Allume di Rocca (vuoi che non ci sia un pezzetto di quella pietra bianca che serve a fermare il sangue dalle piccole ferite?) e terminare con Zuppa (vuoi che non ci sia una lattina d’epoca della Campbell?).
Mi piacerebbe poterli esporre tutti dalla A alla Z, ma poiché dovrebbero essere disposti con un preciso metodo espositivo e fruibili alla vista del pubblico, sarebbe necessario uno spazio molto grande, a più piani. Potrei però fare una selezione, una cernita sulla base di un criterio prestabilito. Quale criterio? Estetico, formale, concettuale?
Penso che si potrebbe cominciare a definire e circoscrivere un tema selezionando tutti gli oggetti che per esempio hanno a che vedere con la comunicazione: dal ciclostile al telefono cellulare, dalla radio al televisore ultrapiatto, dal mangiadischi al lettore cd, dalla cinepresa alla videocamera, dal disegno su carta, alla fotografia, fino all’olio su tela. Però poi mi viene in mente che gli oggetti d’uso sono molto più originali, pur essendo comuni, dei sofisticati prodotti tecnologici. Cosa c’è di più bello di un paio di forbici, di una spazzola per abiti, di un paio d’occhiali da ghiacciaio. Tanti tipi di forbici diverse, spazzole per abiti di tutte le epoche, occhiali da ghiacciaio di ogni sorta. Senza fini di lucro. Le riffe o le lotterie parrocchiali invece hanno il solo scopo di raccogliere fondi, non esiste un criterio espositivo se non quello di enumerare gli oggetti più disparati per dimensione, forma e valore economico. Ad ogni oggetto corrisponde un numero che poi verrà estratto a sorte. Fortunato chi vince ciò che desidera.
Mi è capitato di vedere all’opera l’artista svizzero Christoph Büchel, nel senso che stava ancora sistemando le ultime cose, dando gli ultimi ritocchi, durante la preview alla stampa della mostra Monte di Pietà alla Fondazione Prada di Venezia (Monte di Pietà (vedi MTNZ #15.5) nell’aprile 2024. Gli ultimi ritocchi appunto per creare quella perfezione in un contesto nel quale la perfezione è impensabile perché, nel complesso, è proprio il caos generale che colpisce. La ricostruzione simulata di un monte dei pegni dettata da una scelta. Un ammasso indistinto e incongruente di ogni tipo di cosa, accumulato apparentemente senza criterio, determinato soltanto dalla povertà di chi la possedeva e ha dovuto disfarsene per bisogno, in cambio di denaro. A prescindere dalla forte valenza concettuale mi chiedo se l’artista abbia organizzato un elenco degli oggetti e un criterio espositivo nel posizionare, per esempio, accostati tra loro, motorini, mappamondi e strumenti musicali e in un altro angolo tappeti arrotolati, lampadari e canestri da basket. Quanti tipi di motorini, quanti mappamondi? Tutti diversi tra loro? Nell’innumerevole numero di cose però, nonostante la vastità degli spazi interni di Cà Corner della Regina, non poteva esserci proprio tutto. Non ricordo di aver visto pinzette per le sopracciglia. Ma forse c’erano, chissà. Questa è una di quelle mostre dove non puoi dire di aver visto tutto.
Ecco che ritorna l’idea dell’infinito attuale di Eco. Anche la mostra di Büchel in quanto accumulo, si presenta in divenire, non è finita proprio in quanto site specific. Sarà mai esposta in un altro luogo così ad hoc? E semmai lo fosse in quale altro modo verrà allestita? No, non è possibile, questa è un’opera unica. Büchel l’ha pensata perché Cà Corner della Regina era stata la sede del Monte di Pietà di Venezia. In questo caso non potrà mai succedere, come si usa oggi, che il pacchetto di una mostra preconfezionata passi da una città all’altra, da un luogo espositivo all’altro. Ogni oggetto esposto, accatastato con altri dello stesso genere o molto diverso da quello accanto, porta con sé ricordi, memorie e di conseguenza una proiezione emotiva che però vale soltanto per il sé o a partire dal sé. Ecco perché è più facile buttare via le cose degli altri. Un sito di vendita o scambio online come subito.it presenta, secondo un elenco per tipologie, gli oggetti più disparati. Si potrebbe pensare che il monte di pietà è in concreto, radunato tutto in un luogo, ciò che virtualmente è pubblicato su un sito di vendite online. Il nuovo e l’usato, l’usato pochissimo.
Quando due single si mettono insieme inevitabilmente uniscono le loro cose, spesso si creano doppioni. Nel caso di una separazione di coppia, più o meno consensuale, l’elenco delle cose che si porta via lei e quello del le cose che si porta via lui è spesso disperatamente sofferto. Troppe sono le cose contese, non tutti sono oggetti d’affezione. Spesso i due elenchi riportano cose in comune, anche se non tutte, inevitabilmente diventano ulteriore elemento di controversia. Per non parlare delle eredità. Quando c’è da svuotare la casa della mamma o del papà i figli si contendono le cose. La memoria è utile per ricordare quali e dove sono collocati o riposti gli oggetti (quando sono tanti non possono essere tutti in vista), in quale teca, in quale scaffale, in quale ripiano e di quale armadio.
La lista dovrebbe comprendere la collocazione proprio come il catalogo di una biblioteca. Platone nel Fedro descrive la scrittura come la “stampella della memoria“ (in J. Franzen, Come stare soli, Einaudi, 2003 pag.32-33). Ecco la necessità della lista. Nella casa dei miei genitori c’era un ripostiglio con ripiani colmi di scatole di pelati, bottiglie d’olio, pacchi di pasta e riso, sale, zucchero. Insomma prodotti alimentari che durano nel tempo dei quali si faceva scorta. Forse perché avevano vissuto la guerra. Quanto è potente la relazione tra l’accumulo di denaro, i caveau delle banche, i bitcoin o criptovalute, immaginarie come il deposito di Paperon de’ Paperoni, e l’accumulo di macerie nella striscia di Gaza con il piano Trump per la ricostruzione di Gaza Beach. Il Monte Stella conserva le macerie della Milano distrutta dai bombardamenti degli alleati della Seconda Guerra mondiale. Il cretto di Burri a Gibellina copre con un simbolico lenzuolo di cemento i detriti del terremoto del Belice del 1968. Accumuli di macerie risistemati con ordine. Il cumulo di ossa che Marina Abramovic lustra con accanimento durante la performance alla Biennale del 1997 allude al massacro durante le guerre nei Balcani. Conservazione della memoria.
Altro accumulo carico di storia è l’opera Personnes di Boltanski (2010, Grand Palais e Hangar Bicocca), una montagna di abiti usati dall’odore pungente, più di trentamila tonnellate, spostati da una gru con il suo gancio meccanico. “Impedire l’oblio, arrestare la scomparsa delle cose e degli esseri mi sembrava un nobile obiettivo, ma ben presto capii che questa ambizione era destinata al fallimento, giacché non appena tentiamo di preservare qualcosa, la fissiamo nello spazio e nel tempo. Possiamo conservare le cose solo arrestando il corso della loro vita” (C. Boltanski). Sempre al Grand Palais di Parigi fino a marzo 2025 l’artista giapponese Chiharu Shiota con la mostra The Soul Trembles ha raccolto oggetti-ricordi, abiti, valigie, sedie, pianoforti, collocati in un fitto intreccio di fili di lana. Oggetti che appartenevano ad altri e che portano con sé le loro storie ma anche la Storia. Alla Biennale del 2015 nel Padiglione del Giappone Shiota aveva presentato un’opera che non si dimentica, The Key in the hand: due barche sopra le quali si estendeva un enorme garbuglio di fili rossi al quale erano appese cinquantamila chiavi donate all’artista da persone di tutto il mondo. Chiavi che aprirono ambienti privati, che custodirono memorie, oggetti raccolti nel corso del tempo. Come gli oggetti poi assemblati in The Soul Trembles.
L’elenco degli organi del corpo umano così come lo fa Vittorio Lingiardi in Corpo, umano è una sorprendente cavalcata medico-scientifica ma anche letteraria, poetica e cinematografica. “L’elenco è una forma di esplorazione e conoscenza a cui, lo avete capito, non riesco a resistere. David Foster Wallace ne compone uno che riguarda le cose brutte nell’avere un corpo. Cita il dolore, gli odori cattivi, la nausea (questa l’ha indicata anche Barthes), l’invecchiare (non sempre funesto, talvolta lieve), i limiti e la malattia.” Già la malattia, la vulnerabilità del corpo umano e il passare del tempo. La teca perfettamente asettica che espone le pillole colorate di Damien Hirst in fondo è una collezione. Ogni raccolta è mossa e coltivata da una passione. L’importante è non dimenticarne la lista.
NICOLETTA MERONI